venerdì 27 luglio 2007

Lettera alla Creativita' Italiana

Ho scritto tempo fa' questa lettera. C'ho messo 'er core'. E' una lettera di protesta e di incitamento. E' un manifesto. E' tutto quello che ho dentro e che penso a riguardo del ruolo e del valore della comunicazione in Italia. E' una lettera incazzata. Che ho scritto in risposta alle solite, futili, perenni, banali, piccole chiacchiere (presenti sul blog dell'ADCI) a proposito degli immeritati premi presenti nell'annual italiano, del basso livello della nostra comunicazione e del suo costantemente assente riconoscimento a livello mondiale (bla, bla, bla, bla). Ho detto la mia a cuore aperto. E' un messaggio che non critica e non giudica. Vuole essere uno stimolo, una miccia, una 'sveglia' contro una mentalita' che ci sta portando al collasso, come settore lavorativo e come Paese in generale.

L'ho inviata ai membri a capo dell'ADCI. Non ha avuto risposta.
L'ho inviata a chi ha posizione e autorita' per influire ed iniziare a cambiare le cose. Non ho avuto risposta.
Ma mi rifiuto di credere che tutta la creativita' italiana sia ormai irrimediabilmente sottomessa al sistema. Dedico questa lettera a chiunque la leggera', pubblicitari e non, amici e parenti, vicini e lontani. Ho scelto di pubblicarla sul mio blog, perche' non avendo avuto risposta con i 'normali' mezzi di comunicazione, provo ad averne su questo piu' 'moderno', chi lo sa, magari alla fine si rivelera' un canale migliore.
Io penso questo:


- LETTERA ALLA CREATIVITA’ ITALIANA -


CON LA CAPOCCIA SOTTOSOPRA.
(di Simone Bartolini, Creativo, Sydney, Maggio 2007)


Ma perche' invece di queste annose, banali, ovvie, scontate, futili chiacchiere, non cominciate a fare davvero qualcosa? Passate ai fatti, drastici. Dritti al cuore. Tutti che propongono, inventano tecniche assurde per giudicare ed essere giudicati nel modo piu' conveniente possibile. Parole, parole, parole, dette nel modo piu' intelligente, veloce, brillante, "impattante" (odio profondamente l'accauntese come lingua) per cercare di trovare soluzioni che non risolvono il problema alla radice.

Non ha senso.

Soprattutto perche' la pubblicita' non e' per i pubblicitari ma per le persone. La gente che rincoglioniamo ogni giorno con i nostri vezzi creativi, per i quali tanto soffriamo nel momento degli ambiti premi. Ma che senso ha tutto questo? Facciamo pubblicita' per autocompiacerci o per parlare agli altri? Qual' e' lo scopo del nostro mestiere? Soddisfare il nostro ego? Vincere premi per poi poter cambiare agenzia e guadagnare di piu'? Soldi, lustrini, fama. Tutti guru. Tutto qui? E poi? E' questo il vero fine nel lavoro di un comunicatore? Credo che la parola comunicazione sia imprescindibilmente connotata come dialogo tra due o piu' persone, non come monologo autocompiaciuto. Sono le persone a cui parliamo che dovrebbero avere un ruolo dominante nel GIUDICARE il nostro lavoro. Basta col vivere in un sistema egoriferito, dove comunicare all'esterno sembra solo un pretesto per parlarsi addosso. Senza risultati per altro.

Fate qualcosa.
Io il mio passo l'ho gia' fatto.

Sono uscito da questo pantano. Per vederlo da lontano, capirlo, capire come funziona davvero la comunicazione. Capire cosa funziona negli altri e in noi no. Ho scelto di seminare in terreni piu' fertili. Ho scelto di mettermi in discussione per primo. Ho scelto di seguire le mie inquietudini e la curiosita' di scoprire, vedere, toccare con le mie mani un altro approccio alla vita e a questo mestiere. Per imparare, crescere, e poi tornare anche solo con un'idea, una sola, che possa contribuire a migliorare un sistema, quello italiano, che e' una morsa che ci sta stritolando giorno dopo giorno.

Insofferente per un modo di vivere e di lavorare che mi stava soffocando, invece di continuare a piangermi addosso, a lamentarmi di quello che non va e di dire, MA NON FARE, quello che andrebbe fatto, sono partito. Da solo. Botta da savio.
A 26 anni, di cui gli ultimi 3 in Y&R Roma, mi sono licenziato, questo febbraio e a marzo sono arrivato a Sydney. Messa in discussione totale della mia vita e del mio lavoro che, per un creativo, sono la stessa cosa.
Ho voluto fare una prova, un'esperienza.
Che c'e' dall'altra parte del mondo? Di cosa, di quali stimoli mi posso nutrire? Cameriere, venditore porta a porta, lavapiatti, centralinista per campare il primo mese. Lo ammetto, e' stata dura. Tra iniezioni di fiducia da casa e pianti di malinconia e solitudine. Non e' facile mollare tutto e partire. Ma per cambiare davvero, si deve soffrire, a volte anche sulla propria pelle. E in tutto questo nei ritagli di tempo con le unghie chiamavo anche sei volte al giorno un'agenzia per avere un colloquio. Ne ho viste 22 in un mese e mezzo.

Risultati?

Da maggio sono assunto regolarmante come copywriter in Whybin\TBWA Sydney. E vi giuro che questo mese e' bastato per capire che all'estero questo mestiere e' un'altra cosa.

Ma non perche' sono migliori le idee. No! Noi ce le abbiamo eccome! I pensieri, la cultura, i concetti taglienti, i giocatori ci sono! E' il terreno di gioco che manca in Italia. Il contesto. L'ambiente non e' sano. Facciamo campagne in condizioni ambientali che non ci consentono di gareggiare liberi e leggeri come qui in Australia o in altri Paesi. Abbiamo ostacoli esterni e ci autocreiamo quelli interni (vedi inutili discussioni sui premi) quando gli altri vanno avanti e andranno sempre piu' avanti perche' hanno autostrade sociali per muoversi. Autostrade sociali. Invece da noi gli arbitri non sanno piu' come applicare le regole. E i clienti non sono educati. E i giovani borbottano. Come dice giustamente il mio ex CD, "giochiamo a rugby con la palla di marmo". E' un sistema che ha perso i suoi ritmi, i suoi meccanismi, la serenita' di gestione, le tempistiche, i processi lavorativi dentro le agenzie, dove c'e' un sacco di tempo buttato solo per cattiva organizzazione.

Siamo semi buoni in un terreno non fertile. Ecco tutto.

Ora, una ferita su un dito, si cura con un cerotto. Ma non si possono mettere toppe su toppe ad un male esteso a tutto il corpo. Il problema va risolto alla radice. Stiamo solo perdendo tempo e occasioni di confronto e cambiamento, a favore di mere chiacchiere e sperticamenti intellettualoidi per trovare una soluzione superficiale. Il cliente non e' cretino, deve solo essere educato ad una buona comunicazione. E cosi' le persone (anche perche', il famoso "cliente", non e' fatto forse di persone?).

Il cambiamento deve essere radicale, alla base del sistema.
E noi abbiamo forse lo strumento piu' potente per farlo.
Il potere positivo delle immagini e delle parole.

Qui non stiamo piu’ parlando di come scegliere i giurati o di come creare criteri di selezione per gli ingressi delle campagne, qui stiamo parlando della qualita’ della nostra vita. Noi che prendiamo impulsi dalla vita e restituiamo alla realta' sociale messaggi, dipendiamo da questa, e' lei il nostro "cliente".
Cattivo ambiente, cattiva comunicazione.
E' la semplice legge che spiega il perche' di un annual scadente, del nostro anonimato a Cannes e della mancanza di idee valide. E piu' andiamo avanti e piu' sara' cosi'. Ma non lo vedete dall'interno? E allora venite fuori pure voi, perche' e' una vista che fa spavento.
Finiamola con i pareri "secondo me", "secondo te", qui serve il secondo tutti. Tutti insieme. Insegnamo al cliente la giusta mentalita', che poi le belle idee le fa uscire.

Qui accade cosi', come mai?

Eppure non stiamo su Marte. Semplicemente E’ PERMEABILE E FERTILE IL CONTESTO. Le idee vengono presentate con disegni e bozzetti. Semplici, chiare, pulite, normali o soprendenti che siano. Ma senza perdite di tempo. Il cliente e’ educato a riceverle e intelligente abbastanza per guardare oltre a quel bozzetto. No worries. In un meccanismo che funziona, puoi fare come vuoi al suo interno. E pensi senza stress, e le idee ti vengono spontaneamente, senza pressioni. Il cervello va a mille, nella calma. Alla velocita’ dell’uomo. Non del cieco business e della miope cultura della velocita’ e della fretta. C'e' rispetto tra le persone e tra i creativi. Si collabora, si lavora insieme al fine di trovare l'idea migliore per il cliente e per la gente, non per se’ stessi e per i propri premiucci.

Allora guardiamo lontano anche noi Italiani.

Ma come, un popolo di poeti, navigatori, trasmigratori, o di bendati cazzoni? Usiamola la nostra creativita', per cui ci scanniamo (vi scannate, anzi), verso un fine veramente utile. Siamo davvero dei guru? Siamo davvero cosi' intelligenti e brillanti, creativi? Porca miseria! Svegliamo le persone! Parliamogli. Svegliamo noi stessi! E' la mentalita' che va cambiata. La mentalita'. E siamo noi i primi a dovercene accorgere, invece di stare come sempre a piangere e autocommiserarci, a ciarlare di piccolezze, le "piccolezze italiane", di ori, argenti e bronzi. Ma chissenefrega!
Ma non vi siete accorti che il sistema Italia, e il sistema comunicazine quindi, sta implodendo? Ma la osserviamo sta societa' o no? O ci serve solo per prendere spunto per gli annunci finti? Abbiamo uno strumento potentissimo tra le mani.

Con tre parole possiamo smuovere le coscienze.

Non determinare comportamenti, questo no. Ma provare almeno a cambiare gli atteggiamenti alla vita, sperando in cambiamenti di comportamento futuri, questo si’. Se siamo le vere menti che diciamo di essere, non sono i premi a dimostrarcelo, e' la risposta dell'ambiente e delle persone.

Accendiamola sta miccia.
Un rivoluzione creativa? Perche' no?!

In fondo sarebbe l'unica, drastica, soluzione per cambiare davvero qualcosa. In positivo. Bagno di umilta’ totale, ripartiamo da zero. Ripartiamo. Uniti, stavolta.
Mettiamoci in discussione, cambiamo noi, cambiamo la mentalita', cambia la societa', cambia il cliente, escono belle idee, vinciamo premi, in Italia e anche all'Estero, non solo una tantum. Ecco che il circolo torna a girare in modo sano. Per tutti. Chi brama i premi e chi no. Chi crea i messaggi e chi li ascolta. Chi resta, e chi parte.
E’ presuntuoso pensare di poter essere il fuoco che anima il cambiamento culturale di una Nazione? No. E’ una presa di coscienza e un dovere seguirne i dettami morali. E poi, non e’ forse piu’ presuntuoso e malsano, pensare di essere geni, rivoluzionari a parole e ad annuncetti, e tenersi questa genialita’ tutta per se’, lasciando le cose male come stanno e lamentandosene, senza il coraggio di fare qualcosa? Liberiamoci dall’egoismo che ci sta consumando come ragazzi, come lavoratori e come persone.

Io un passo per cambiare l'ho fatto e lo sto vivendo sulla mia pelle.
Spero di aver dato un contributo alla causa. Mia e nostra.

E non sono il solo. Qui ho avuto la fortuna di conoscere un altro ragazzo come me. Francesco Solfrini, ex-account di McCann Roma. Stessa storia. Molla tutto, parte, se ne va. Vive mesi di incertezze e di difficolta’. Ora lavora come account in un’altra agenzia di Sydney. Eh si’, ce l’ha fatta anche lui. Chi si mette in discussione ce la fa. E come vedete, a lottare siamo gia’ in due.

Abbiamo un enorme possibilita’: il declino del sistema sociale e comunicativo del nostro Paese. Piu in giu’ di cosi’ collassiamo nell’immobilita’ mentale e fisica. Prendiamone atto e CAMBIAMO ADESSO. Da subito. E’ un processo lungo, molto lungo. Ma per fare 2000 kilometri uno il primo passo deve pur farlo.

Ringrazio tutti coloro che sono riusciti ad arrivare fino a qui nel leggere il mio discorso. Sono stato un po' lungo lo so, ma avevo tante cose dentro che non riuscivo piu' a trattenere.
Saro' un idealista, un sognatore, ma sono cosi'. Non posso farci niente. E i miei sogni finora li ho sempre realizzati. Credo nelle persone e nell'energia positiva della comunicazione, usata per finalita' collettive, vere, utili e non egoistiche.
Anche se ovviamente un premio fa piacere a tutti. Ma non puo' essere, ed e' assurdo che lo sia, il nostro maggiore fine.

Grazie.
Saluti a testa in giu'.
Simone.

Mi scuso per gli apostrofi ovunque, ma la tastiera australiana non prevede le vocali accentate.

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